Severgnini - L'italiano lezioni semiserie

Beppe Severgnini . L’italiano – Lezioni semiserie . Rizzoli

Gli italiani leggono poco ma scrivono molto, il punto è: come scrivono? Nel nostro paese, spesso, la chiarezza puzza di semplicismo e la trasparenza sembra vicina di casa della povertà intellettuale; in molti ambiti (critica d’arte, diritto, burocrazia, politica, finanza, medicina) il linguaggio serve come difesa di categoria o per nascondere qualcosa. Nel privato non va meglio: una semplice email può contenere crimini orrendi – maltrattamento verbale, abuso di aggettivo, amputazione del periodo. Per tacer dei sms.

Facciamo un esempio. «Il problema assolutamente straordinario che si pone in questo particolare contesto è che la recensione a seguire potrebbe rivelarsi un tantino carente di know-how in campo linguistico, prestandosi a critiche se sottoposta a una possibile presa di visione da parte dello scrittore in oggetto». Lo stesso concetto si può esprimere in modo più snello, tipo «spero non ci siano errori in questa recensione: l’autore del libro forse la leggerà e vorrei fare bella figura». L’autore in questione è Beppe Severgnini; il libro, edito da Rizzoli, s’intitola «L’italiano. Lezioni semiserie».

Severgnini ha un curriculum chilometrico. Tentando un riassunto: laureato in diritto internazionale, ex corrispondente a Londra per «il Giornale» di Montanelli, ex inviato in Europa Orientale, Russia e Cina, ha insegnato alla Bocconi, nelle università di Parma e Pavia, in giro per il mondo. Attualmente scrive per il «Corriere della Sera» e dal 1998 conduce «Italians», il più frequentato forum giornalistico on-line (www.corriere.it/severgnini). Appassionato di calcio, è una delle firme della «Gazzetta dello Sport». Ha condotto varie trasmissioni televisive in Italia e all’estero. I suoi libri, fra i quali «Inglesi», «L’inglese. Lezioni semiserie», e il successo USA «La testa degli italiani» sono best seller.

Le referenze, insomma, ci sono. «L’italiano. Lezioni semiserie» denuncia «le violenze commesse contro l’italiano». Nessuna condanna, punizione o costrizioni sono invocate per i «malavitosi della sintassi», lo scopo è riabilitativo e la redenzione paga: comunicare in modo semplice e corretto fa diventare più efficaci, convincenti, apprezzati. Severgnini svolge il suo compito – non la sua mission – con chiarezza e ironia, offre indicazioni, elenca errori evitabili e accorgimenti pratici. Sotto la voce «Fattispecie di reato» troviamo i misfatti di moda, contesto che contiene di tutto e di più, le provocazioni con relativa legittima difesa (qualche problema? assolutamente sì), la microcriminalità – bande di pericolosi diminutivi e subdoli accrescitivi sempre in agguato. «Psicopatologia della lingua quotidiana» segnala l’inquinamento da politichese e l’esistenza dell’Italiano Parallelo, dimensione in cui si entra al momento di scrivere lettere formali o di lavoro.

Nella gustosa sezione «Disagio e punteggiatura» si aggirano Puntinisti, Parentesisti, molestatori di virgole; biechi Kopinkollator, scongiuntivati e monocitatori, disturbi come la maiuscolite e la minuscolite popolano un panorama quasi preoccupante. La cura comprende dosi calibrate ma efficaci di ortografia, morfologia, sintassi: correre il rischio di sembrare insicuri salvando congiuntivi e condizionali, difendersi dal virus del che (due nella stessa frase sono «tanto brutti da essere illegali»), eliminare le interferenze da aggettivo, inventare le metafore invece di riciclarle, evitare le distrazioni e centellinare le citazioni, non cercare l’originalità a tutti i costi. Nel parlato, meglio una sanguigna espressione dialettale di un oscuro anglismo modaiolo. Volendo, studiare il latino: serve.

Masoquiz e sadotest ritemprano – o deprimono, dipende – lo spirito tra una lezione e l’altra; come promemoria, fotocopiare e appendere vicino alla scrivania «Il Decalogo Diabolico» insieme ai «Sedici semplici suggerimenti», seguendo soprattutto il primo: «avere qualcosa da dire».

Articolo pubblicato sulla Gazzetta di Parma

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